OnRugby on the field: la corretta alimentazione dello sportivo – parte 2

Impostare una dieta ottimale è condizione essenziale per mantenere l’organismo in salute e avere alte prestazioni nella pratica sportiva

piramide alimentare

prozis

 

In questo articolo vi forniremo alcune informazioni essenziali sull’alimentazione che un soggetto che pratica sport (sia a livello agonistico sia a livello amatoriale) deve conoscere per ottimizzare la propria dieta.

Naturalmente il nostro fine è puramente divulgativo, non pretendiamo affatto di esaurire l’argomento, ma intendiamo solo dare alcune informazioni basilari.

Un aspetto da tenere bene a mente è che la dieta è cosa assolutamente soggettiva, cioè dipende dalla natura specifica di ciascuno di noi.

In altre parole, non esiste una dieta ideale per lo sportivo, ma una dieta specifica per ogni sportivo strettamente legata alle sue caratteristiche metaboliche, alla sua costituzione fisica, alla sua predisposizione genetica e all’attività fisica che svolge a seconda della disciplina che pratica.

Tuttavia, c’è una cosa comune a tutti gli sportivi (professionisti o dilettanti): la necessità di assumere un quantitativo maggiore di cibo rispetto al soggetto sedentario, al fine di disporre di una scorta energetica più elevata.

Richiamiamo rapidamente alcuni principi essenziali espressi nell’articolo precedente.

– I carboidrati (zuccheri) e i lipidi (grassi) sono “il carburante”, la principale fonte di rifornimento energetico. Gli zuccheri semplici (glucosio e fruttosio) rappresentano “un combustibile” pronto all’uso, mentre quelli complessi (presenti nella pasta, nel pane e nei legumi) si digeriscono più lentamente.

I lipidi (grassi) costituiscono la matrice cellulare e altre strutture molto importanti e vengono trasformati in zuccheri prima di essere bruciati.

Le proteine (composte da catene combinate in varia sequenza di una ventina di amminoacidi) sono “i mattoni” fondanti la matrice muscolare e tutte le strutture vitali dell’organismo, apportano materia plastica (muscoli). Questi tre macronutrienti forniscono il necessario apporto calorico, ma eccedere nella loro assunzione può portare ad effetti nocivi (aumento di peso, malattie del fegato, sovraccarico renale, innalzamento dell’indice glicemico e del colesterolo). Non dimentichiamo che un atleta necessita di nutrirsi di più rispetto a chi non pratica attività fisica.

Vitamine, antiossidanti, sali minerali e fibre, anche se non apportano energia, sono essenziali per il nostro organismo: preservano la salute delle cellule, intervengono nella sintesi delle proteine, nel mantenimento dell’equilibrio idro-salino e nell’attività nervosa e muscolare, hanno un ruolo importante nella costruzione della struttura scheletrica. Poiché si tratta di sostanze che non vengono sintetizzate dal nostro corpo, o non sono prodotte in quantità sufficienti, è necessario introdurle con l’alimentazione. Un atleta “consuma” questi micronutrienti in quantità superiori e più rapidamente di un soggetto sedentario.

Ciò detto, si possono distinguere categorie dietetiche diverse legate alla tipologia di attività sportiva svolta.

Per l’atleta “aerobico” (maratoneti, ciclisti, nuotatori di fondo, etc. etc.): i carboidrati sono, la base dietetica che fornirà all’organismo l’energia necessaria alla prestazione prolungata.

L’atleta “anaerobico” (pesisti, lanciatori, etc. etc.), oltre i fondamentali carboidrati, dovrà assumere un maggior carico proteico per sostenere (con la materia plastica) la deplezione (deterioramento)

muscolare ed in seguito la ricostruzione e il consolidamento degli stessi muscoli.

Infine, l’atleta “misto” (sport di squadra) dovrà fornire all’organismo risorse provenienti da un’alimentazione più bilanciata tra i nutrienti.

È il regime alimentare di questi ultimi, per l’equilibrio che lo caratterizza, che dovrà essere adottato anche dallo sportivo non agonista.

È utile precisare che il rugby, sebbene sport di squadra, accoglie nella propria compagine giocatori che potrebbero entrare a pieno titolo nella categoria degli atleti per i quali la forza è di primaria importanza (pesisti e lanciatori).

Inoltre, la pratica di qualsiasi attività sportiva richiede un adeguato reintegro idrico, salino e vitaminico (questo importante aspetto verrà affrontato nel prossimo articolo).

 

Come abbiamo detto: il segreto della corretta alimentazione dello sportivo sta nel perfetto bilanciamento tra fabbisogno energetico e assunzione dei nutrienti che, come abbiamo appena visto, dipende dalla tipologia di attività sportiva svolta.

Per limitare al massimo gli effetti dannosi che possono derivare sia dall’eccesso di introduzione di alcuni cibi sia dalla limitazione nel consumo di altri ci soccorre la scienza che ha portato alla creazione di alimenti e integratori che consentono un equilibrato apporto di macronutrienti (carboidrati, lipidi, proteine e amminoacidi) e micronutrienti (vitamine, sali minerali) e antiossidanti.

Tutti abbiamo sentito parlare della piramide alimentare. Questa rappresenta in modo estremamente sintetico e intuitivo sia il valore qualitativo sia la gerarchia degli alimenti per impostare una dieta ottimale, così da mantenere l’organismo in salute e avere alte prestazioni nella pratica sportiva.

Partiamo dai carboidrati che (come evidenziato nella piramide alimentare) sono il centro dell’alimentazione, non solo per chi partica sport. Questo ci porta ad affrontare la questione nodale della moderna cultura nutrizionale: il controllo della glicemia (zuccheri nel sangue) principale responsabile del sovrappeso e dell’insorgenza di diverse patologie come il diabete.

L’approccio che viene adottato per gestire al meglio il livello degli zuccheri nel sangue è duplice.

Il primo si focalizza sulla tipologia dei carboidrati (abbiamo già parlato dell’indice glicemico degli alimenti). Il secondo è centrato sulla frequenza di assunzione di questo macronutriente nell’arco della giornata.

Per gestire con efficacia questo secondo aspetto, sarebbe bene evitare che i valori di glicemia si abbassino troppo per non innescare il meccanismo che genera il senso di fame il quale porterebbe il soggetto ad assumere un’ulteriore quota di macronutrienti. Ciò farebbe salire l’indice glicemico costringendo l’organismo a secernere insulina per tamponare l’eccesso glicemico reinnescando la sensazione di appetito. Generalmente 2-4 ore dopo il pasto la glicemia tende ad abbassarsi, ma può essere mantenuta stabile introducendo nuovamente una quota di carboidrati (fino a 90 gr).

Eccoci ora al primo approccio: quale tipologia di carboidrati è bene assumere?

La risposta è naturalmente quelli a basso indice glicemico, anche se è bene sapere che i livelli di glicemia dipendono non solo dai singoli alimenti, ma sono influenzati anche dalla loro combinazione. Ad esempio, una porzione di patate lesse condite con olio d’oliva innalzerà meno l’indice glicemico di quanto accadrebbe se queste venissero consumate senz’olio poiché la presenza dei lipidi contenuti in quest’ultimo, rallentando la digestione, riduce l’innalzamento repentino della glicemia.

Inoltre, va tenuto ben presente che l’indice glicemico non è legato solo al tipo di carboidrati contenuti nei cibi: per esempio, riso e patate (sebbene considerati carboidrati complessi) possiedono indice glicemico superiore al fruttosio.

Per questo vi rimandiamo alla consultazione delle tabelle alimentari (in rete ne troverete in abbondanza). Ancora una volta ricordiamo che è possibile ricorrere a integratori energetici il cui impiego consente di limitare gli effetti negativi derivanti da un eccessivo consumo di zuccheri nella dieta o, al contrario, da una limitata assunzione di carboidrati (per questioni legate al controllo del peso corporeo o patologie alimentari), come: Maltodestrine, Destrosio, Fruttosio.

 

Altro fattore che determina l’aumento della glicemia è il grado di raffinazione degli alimenti.

Con ciò introduciamo il concetto di “calorie vuote” che ci riporta a parlare di integrazione alimentare.

Un tempo le fonti caloriche erano costituite da alimenti poco raffinati, “integrali” per essere precisi.

Questi alimenti, ricchi di fibre, vengono assorbiti più lentamente dall’organismo contenendo i livelli di glicemia e diminuendo l’insorgere del senso di fame.

La raffinazione, oltre a diminuire la presenza di fibre, riduce la presenza di molti micronutrienti (vitamine, sali minerali, etc. etc.) rendendo appunto “vuote” le calorie degli alimenti.

 

Oggi disponiamo di integratori alimentari in grado di fornirci tutti quei micronutrienti che scarseggiano nella moderna alimentazione e che ci consentono di evitare le gravi conseguenze derivanti della carenza vitaminica e minerale (come per esempio, Multivitaminici, Minerali – ZMA e zinco –, Magnesio, Vitamine – C, D, Complesso B –.

Una menzione speciale va agli antiossidanti. Essi hanno il compito di proteggere l’organismo dall’attacco dei dannosissimi radicali liberi (generati nelle cellule come sottoprodotto di molte reazioni metaboliche).

Nell’ambito dell’integrazione alimentare, gli antiossidanti assumono grande importanza e i carotenoidi (beta-carotene), il selenio, il licopene, il coenzima Q-10, l’acido lipoico e le vitamine A-C-E, che oggi sono disponibili in commercio, sono essenziali nella prevenzione dell’invecchiamento cellulare e di molte malattie degenerative (si noti come alcune vitamine ed oligoelementi, come il selenio, svolgano azione antiossidante).

 

Veniamo al ruolo dei grassi nell’alimentazione.

Generalmente questa categoria alimentare viene bistrattata considerando tendenzialmente negativo il suo ruolo. Come abbiamo precisato nel precedente articolo, esistono grassi buoni (insaturi) e grassi cattivi (saturi). Questi ultimi vanno limitati e per questo occupano la posizione peggiore nella scala alimentare.

I grassi cosiddetti buoni, invece, sono essenziali per una corretta alimentazione.

I grassi di origine vegetale sono considerati buoni e quelli animali, cattivi. Esiste però un’eccezione: al gruppo degli acidi grassi polinsaturi appartengono gli Omega-3 (EPA, DHA e ALA).

Contenuti nel pesce, sono molto importanti in quanto contribuiscono soprattutto ad una buona funzionalità cardiaca.

L’integrazione alimentare con questi acidi grassi è essenziale in ogni dieta (soprattutto in quelle povere di pesce).

 

Abbiamo già parlato delle proteine e degli amminoacidi, in particolare dei tre a catena ramificata.

È dimostrato scientificamente che l’ossidazione di questi ultimi è in grado di contribuire energeticamente all’attività muscolare.

L’apporto energetico di lipidi e carboidrati è fondamentale, ma per lo sportivo sottoposto a intensi allenamenti è importante che sia integrato dai B.C.A.A. Il contributo di questi ultimi è essenziale per l’atleta (sia nell’attività di resistenza sia in quella di forza).

Nel rugby, per esempio, tutti i componenti della squadra – qualunque sia il ruolo – traggono enormi benefici dall’assunzione di amminoacidi a catena ramificata. Per i giocatori di prima linea al fine di ripristinare e costruire la massa muscolare e, per tutti gli altri, per tamponare il dispendio energetico nella tenuta fisica per l’intero match.

È quindi raccomandabile la somministrazione di B.C.A.A prima, durante e/o dopo l’allenamento (o la prestazione agonistica) nella misura di 80/90 mg X kg di peso corporeo/al giorno (7/8 gr per un soggetto di 90 kg).

Anche l’integrazione alimentare con proteine di sintesi (isolate) è considerata oggi di primaria importanza per lo sportivo. Gli integratori di proteine isolate più utilizzati ed efficaci sono quelli del siero di latte (WHEY). Le loro caratteristiche peculiari riguardano sia la maggior concentrazione di B.C.A.A., di un valore biologico superiore (più amminoacidi essenziali) sia e l’elevata digeribilità.

Ricordiamo che non si deve mai improvvisare, è importante ricorrere sempre all’esperienza di un professionista che saprà indirizzarvi e seguirvi.

 

Roberto Verdicchio

 

Qui trovate le Puntate precedenti:

OnRugby on the field: La Forza – parte 1

OnRugby on the field: la forza parte 2 e la resistenza organica

OnRugby on the field: la flessibilità e la lunghezza muscolare

OnRugby on the field: la corretta alimentazione dello sportivo – parte 1

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