Dentro il Super Rugby e dentro gli Auckland Blues: a tu per tu con Patrick Tuipulotu

Inizia una serie di incontri alla scoperta della franchigia e dei suoi giocatori. Si inizia con Il giovanissimo seconda linea (già All Blacks)

ph. Jason O'Brien/Action Images

ph. Jason O’Brien/Action Images

I Blues hanno riaperto le sessioni settimanali faccia a faccia con i media, dove giornalisti e altri tipi (come noi), posso “prenotare” un giocatore o un tecnico per un quarto d’ora e parlare del più e del meno. Si chiama “profiling”. In questa prima occasione di una lunga serie in cui vi faremo conoscere giocatori vecchi e nuovi della franchigia di Auckland, abbiamo incontrato Patrick Tuipulotu, probabilmente uno dei giocatori più talentuosi usciti dai ranghi della Accademia di Auckland e probabilmente uno di quei giocatori che non avrebbe per nulla stonato nella formazione che ha difeso la Coppa del Mondo nel 2015 in Inghilterra.
Con la complicità del Media Manager dei Blues, Hep, abbiamo fatto credere a Patrick che l’intera intervista sarebbe stata condotta in italiano. Povero, era seriamente entrato nel panico, ma abbiamo notato un onestissimo sospiro di sollievo quando invece lo abbiamo rincuorato che l’intervista sarebbe stata nel più “casual english”.

 

Una seconda linea che torreggia dai suoi 198cm con 120kg di muscoli è difficile sia da non notare che da fermare. Patrick è conosciuto per essere un giocatore di potenza fisica, ma anche di grande tecnica, con particolare predisposizione verso un’etica lavorativa e professionale che lo hanno messo in risalto davanti agli occhi di chi conta, lì in alto dove il cielo diventa più nero del nero. Dallo scorso novembre molte cose sono cambiate per Patrick e la sua squadra a partire dalla sede passando per lo staff tecnico, per i nuovi giovani compagni di squadra e per finire con l’operazione chirurgica ad entrambi le anche, che lo ha tenuto fuori dal campo da gioco per quasi tutto il 2015. “E’ tutto un rinnovamento” ci dice, “nuovo campo d’allenamento, nuovi tecnici ed anche nuovi compagni di squadra e si respira veramente una nuova energia qui. Anche per me mi considero rinnovato dopo l’operazione all’anca. E tutto il lavoro fatto in questi tre mesi passati sta dando dei buoni segni di ripresa”.
A proposito della nuova sede, i cui uffici amministrativi questa settimana hanno aperto le porte per la prima volta a circa cento invitati tra rappresentanti di club provenienti dalle zone della franchigia cioé Northland, North Harbour ed Auckland, Patrick ne è veramente entusiasta: “L’impatto della nuova sede è stato fondamentale. Anche le piccole cose di questa nuova sede, come la palestra, nel senso che per la prima volta abbiamo la possibilità di avere tutta la squadra insieme in palestra in allenamento. Non era mai successo prima, ed ora è come quando siamo tutti in campo insieme. Per me è fondamentale cosi come avere questo nuovo campo in erba, di qualità estremamente superiore a quello a cui eravamo abituati al Politecnico Unitec”.

 

Si sente in effetti un senso di maggiore professionalità in questo nuovo ambiente per la squadra: “Ci sentiamo come se abbiamo finalmente raggiunto gli altri ed ora siamo in corsa. Se metti a confronto ciò che le altre franchigie hanno a disposizione per gli allenamenti rispetto alla nostra vecchia casa, ti rendevi conto che eravamo gli ultimi in linea in fatto di professionalità”.
Il grande cambiamento è naturalmente l’arrivo di Tana Umaga alla guida di questa “pesante” franchigia che cerca di sollevarsi da 12 anni di delusioni e fallimenti. Tana Umaga, Alistair Roger (difesa), Paul Feeney (skills/trequati) e Kylie Wilson (Mental Skills Coach) sono i nuovi nomi al’interno dello staf tecnico mentre Nick White (set piece) e Glenn Moore (avanti/contact) sono stati ereditati dall’era John Kirwan. “Personalente ho un buon rapporto con tutti. Conosco Paul come allenatore di Auckland Rugby e Alistair dagli All Blacks. Non ho mai conosciuto o giocato sotto Tana prima di quest’anno. Riescono tutti a incastrarsi bene con gli altri. C’e’ un dialogo molto aperto tra di loro ma anchecon noi giocatori e secondo me sta dando i suoi frutti, e spero che possa continuare anche per il resto della stagione”.

 

E si sono visti in questo inizio di pre-stagione i frutti della nuova gestione. I Blues hanno vinto tutte e tre le partite contro i Rebels 59-7, contro gli Hurricanes 40-12 ma soprattutto contro i Chiefs 24-12, con cui non vincevano da ben quattro anni. Ed è questa ultima partita che da segnali incoraggianti di un vero cambiamento nella franchigia di Auckland. La squadra che perdeva fino al 60esimo minuto è riuscita a segnare due mete e vincere la partita nonostante un cartellino rosso a capitan Jerome Kaino. Importante anche per voltare pagina e scrollarsi di dosso quella cultura perdente che ha assediato la società negli ultimi 5 anni e dare respiro ai nuovi arrivati: “Sì, i tre match sono stati importantissimi e non solo per misurare lo stato di salute della squadra e capire a che punto siamo con i sistemi e le giocate. Non sono partite dove ti focalizzi sul risultato ma più sui processi di realizzazione della squadra, sulle giocate, sulla strattura della partita e piani di gioco. Tana ha fatto e continua a fare un lavoro meraviglioso nel far capire a tutti noi che alla fine della gornata raccogliamo ciò che si miete. E quindi speriamo ora di continuare con il lavoro fatto in campionato”.

 

Nonostante i suoi 23 anni appena compiuti neanche un mese fa, Patrick è un giocatore esperto ma anche un ragazzo che ha affrontato decisioni importanti. Un prodotto della rinomata scuola di rugby del St. Peter’s College, ha debuttato con i Baby Blacks nel 2013 ed è stato il primo giocatore di quella squadra a conquistare il cap con la nazionale maggiore nel 2014, anno in cui è stato anche eletto Giocatore Esordiente del Super Rugby. Dopo aver conquistato sette caps con gli All Blacks Patrick ha dovuto rinunciare alla chiamata mondiale per motivi di salute, scelta difficile ma doverosa: “La decisione era di giocare una coppa del mondo per finire la mia carriera subito dopo, o prendermi il tempo di affrontare l’operazione, i mesi di ricovero ma avere una carriera per molti anni in più. Gli All Blacks saranno comunque il mio obiettivo a lungo termine, ma al momento devo solo pensare a ciò che ho davanti agli occhi ed è la maglia dei Blues e fare in modo di meritarla, giocare bene e poi vedere le chance che ho con gli All Blacks”.
Rimane comunque un ragazzo con i piedi ben piantati per terra: “Personalmente uno dei miei goal è quello di rimanere una brava persona. Passare da rookie (esordiente) ad uno dei giocatori anziani qui nei Blues è un grande cambiamento, non nel senso di ciò che faccio perché quello non cambia, sono sempre me stesso, ma cambia nei confronti degli altri. Voglio essere un buon leader, guidare i giovani, la squadra, anche se come ho detto c’è tanta competizione”.

 

Competizione che stimola Patrick come ogni altro giocatore di massimo livello in Nuova Zelanda: “Non puoi migliorare, non puoi spingere se non hai competizione, se il posto è assicurato. E’ il segreto degli All Blacks, io spingo loro, loro spingono me. E’ stimolante, eccitante. Ti aiuta. Sai quando sono arrivato negli All Blacks ero il ragazzino che saliva da dietro, ora se mi guardo dietro ci sono altri giovani che vogliono la mia maglia e quella degli All Blacks. Tutti devono rimanere vigili, il posto non è mai e non deve mai essere assicurato”.
Patrick è stato inserito nel gruppo dei leder dei Blues per il 2016. Un ruolo importante che necessita attenzione perché significa guidare e ispirare giovani talentuosi giocatori duranti i primi passi nel rugby dei grandi, quello che conta: “Per me è la prima volta e sto imprando ad essere nel Leadership Group. Abbiamo giocatori che sono qui da un po’ e che fissano gli standard, fissano gli obiettivi della squadra. Per il resto è utilizzare del buonsenso, dobbiamo prenderci cura per esempio della nuova sede, ma anche della squadra quindi di tutti noi. Dobbiamo essere onesti, parlare chiaro. Tana ha portato più coraggio e onestà nel gruppo. E’ un allenatore onesto nei modi di fare, spesso lo si può vedere in campo, e lo si vede così come è, dice quello che pensa e vede”.

 

Tana Umaga l’uomo che incarna il mana neozelandese, ex capitano degli All Blacks non è certo uno che fa pesare il proprio glorioso passato: “Mai una volta che abbiamo fatto menzione del suo passato di giocatore o di ciò che ha conquistato. E’ uno che inizia da una pagina completamente bianca. Non ha nulla a che vedere con la sua carriera. E’ tutto concetrato su di noi e farci migliorare. So che a volte viene preso in giro o c’è chi dubita per via del suo passato con gli Hurricanes, ma ci ha detto sin dal primo momento che ora tutto ruota intorno ai Blues e null’altro conta”.
Vogliamo aggiungere una nota che si collega con quanto detto da Patrick nelle ultime righe. Gli Auckland Blues hanno sempre sofferto di mancanza popolarità in giro per Aotearoa, sin dall’inizio del Super Rugby vent’anni fa. Eppure, ora dopo 12 anni di fatica e dolore, l’arrivo di Tana ha instaurato un vero senso di supporto e generosità nei tifosi del resto del paese. Chi per un motivo o per un altro, alla fine vuole che sia la volta buona. Anche per noi che scriviamo, che abbiamo gli Hurricanes nel cuore e Tana come idolo incontrastato.

 

di Melita Martorana

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