Inchiesta (parte 5): rugbisti italiani con le valige, Sigillò e conclusioni

Concludiamo il nostro viaggio al di là delle Alpi con un altro incontro. E poi cerchiamo di mettere assieme un po’ tutta la matassa

barrage

A conclusione del mio viaggio vado ad assistere all’allenamento di Giuseppe Sigillò con gli U 21 del Blagnac Sporting Club Rugby. Arrivato al campo un membro dello staff mi indica Giuseppe: “C’est le plus beau… Il est Italien” (è il più bello di tutti… é italiano), mi assicura anche che è un giocatore molto forte. Durante la parte di preparazione fisica Giuseppe è sempre il primo su ogni ripetizione: avrà qualcosa da dimostrare più degli altri?

 

Nome: Giuseppe SIGILLO-2
Cognome: Sigillò
Data di nascita: 2/12/1996
Ruolo: mediano d’apertura/estremo
Peso: 80kg
Altezza: 180cm
Club precedente: Rugby Parma
Club attuale: Blagnac Sporting Club Rugby
Hai iniziato a giocare a Roma e ti sei trasferito giovanissimo a Parma, quali sono state le ragioni del trasferimento?
Ho iniziato a giocare a Montevirginio, un piccolo club nell’hinterland di Roma, dove ho giocato dai 7 ai 14 anni. Quindi mi sono trasferito a Parma per provare una nuova esperienza sportiva e confrontarmi con un rugby di livello superiore. Volevo soprattutto migliorare le mie qualità giocando in un campionato più competitivo.
Che tipo di formazione hai ricevuto a Parma? Hai fatto parte dell’accademia?
Ho ricevuto una buonissima formazione dal punto di vista della tecnica individuale, con allenatori competenti. Non ho fatto parte dell’accademia, probabilmente non avevo il livello per farne parte. Una cosa è certa però, fino dalle selezioni regionali, il cammino che avrebbe portato all’accademia mi è stato sbarrato dal “progetto statura”, visto la mia piccola taglia.
Cosa ti ha spinto a venire in Francia ? Chi ti ha aiutato e come si è svolta la selezione nei club?
Avevo sentito che in Francia il rugby era “tutta un’altra cosa”, ed è proprio così. Il motivo principale è stato quello di confrontarmi con una realtà rugbistica completamente differente da quella italiana. A Parma, il mio allenatore era Riccardo Piovan, che nel passato ha vestito la maglia del Bezier, attraverso le sue conoscenze ho avuto la possibilità di contattare il Blagnac. La selezione è avvenuta nell’arco di una settimana e la valutazione si è basata sulle qualità mostrate durante gli allenamenti.
Conosci altri giovani come te che hanno fatto la stessa scelta di andare all’estero?
Attualmente un ex compagno di squadra di Parma, Tommaso Rebecchi, fa parte del Centro di Formazione dell’ Aix Provence Rugby.
Sei soddisfatto della tua scelta?
Sono molto soddisfatto della scelta e dell’avventura che ho deciso di intraprendere. Ho avuto la possibilità di giocare con due categorie diverse U18 e U21. La scorsa stagione abbiamo vinto il campionato midi-pyrenées con la squadra belandrade (U18). Attualmente gioco nella categoria Balascain (U21).
Quali sono i tuoi obiettivi?
Crescere, migliorare le mie qualità individuali, confrontarmi con realtà sempre più competitive.

 

CONCLUSIONI –  Questo viaggio tra i giocatori italiani in Francia e la formazione francese può essere riassunto in quattro parole: organizzazione, programmazione, valorizzazione e futuro. Mettiamo da parte le dimensioni numeriche del rugby italiano rispetto a quello francese che ha 30 squadre professionistiche contro le due italiane; 120 squadre (Federal 1 e 2) al livello dell’Eccellenza ed altre 160 (Federal 3) comparabili con la serie A.
Sebastien Piqueronies, responsabile della Nazionale U 17 Francese ci ha fatto notare come la mole enorme di giocatori possa essere un freno alla scoperta dei giovani talenti. Nonostante questo il Pole espoir Toulouse ed il Centro di Formazione dello Stade Toulousain sono la dimostrazione che uno volta individuato un giocatore con elevate potenzialità sia necessaria l’ORGANIZZAZIONE e la PROGRAMMAZIONE fra tre soggetti: Stato, Club e Federazione per ottenere risultati eccellenti.

 

Ammetto di aver cominciato con il preconcetto, probabilmente a causa dei risultati della nazionale maggiore, di quelle giovanili e delle squadre italiane nelle coppe europee, che la formazione italiana non fosse sufficientemente di buona qualità. Parlare con Piermaria, Stefano e Giuseppe mi ha fatto cambiare idea. Si può sicuramente migliorarne il livello e anticipare, almeno per i più promettenti, il passaggio da un rugby ludico ad uno più intensivo. Infatti se, come sostiene Fabien Pelous (direttore sportivo dello Stade Toulousain e recordman di selezioni in Nazionale) servono 8.000-10.000 ore di pratica per formare un giocatore di alto livello, la precocità diventa un fattore essenziale. Purtroppo la sola formazione dei giocatori non basta ad elevare la qualità di tutto il movimento.
Le motivazioni che hanno portato questi tre giocatori a espatriare non sono diverse da quelle di altri lavoratori: la ricerca di una vita migliore, di nuove sfide, di soddisfazioni professionali insomma la ricerca del FUTURO. Peccato che queste partenze impoveriscano sempre di più il rugby italiano. E’ necessario valorizzare il patrimonio italiano: siamo lontani dallo Stade Toulousain che può schierare in Champions Cup e nel TOP 14 tutta la prima linea under 22 o dal Castres che l’anno scorso ha fatto debuttare in Campions Cup e in campionato Antoine Dupont a 18 anni appena compiuti, ma questo deve essere l’obiettivo del movimento rugbystico italiano. Immagino che questo sia condiviso da tutti. Non resta che decidere quale percorso intraprendere per raggiungerlo.

 

di Alessandro Vischi
Veterinario, ex giocatore del CUS Milano e dell’ASR Milano, educatore del minirugby e arbitro. Da tre anni vive a Tolosa dove si respira il grande rugby

 

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