Cultura, attaccamento: come si diventa (e rimane) un All Blacks

Conrad Smith rilascia una intervista in cui porta il lettore dentro l’universo dei tuttineri. Davvero imperdibile

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Conrad Smith è uno dei pilastri della squadra più forte del mondo, per alcuni quella più forte di sempre. Ma è un protagonista “silenzioso” che finisce poco al centro dell’attenzione dei media specializzati e non, tutti presi ad inseguire i vari Dan Carter, Ma’a Nonu, Richie McCaw, Sonny Bill Williams…
Il trequarti neozelandese ha rilasciato una lunga intervista alla BBC in cui va a toccare le radici profonde dell’essere un All Blacks.
Una intervista che andrebbe stampata e diffusa in ogni scuola di rugby, in ogni società. Ve ne proponiamo alcuni stralci divisi per argomento.

 

Atmosfera e aiutare i nuovi: quando arrivi a giocare negli All Blacks pensi di aver realizzato il tuo sogno, e ti senti nervoso e quasi scoraggiato. Chi è già nel gruppo fa di tutto per farti sentire a tuo agio, così che anche i più giovani possano esprimersi al meglio senza rinchiudersi o sentire timore. Poi ti senti trascinare dall’atmosfera che si respira, e ne sei pervaso. Tutti vogliono essere parte attiva del gruppo.

 

La cultura: Non ti danno un foglio con scritto cosa devi fare. Ti dicono che sei un All Blacks. Devi già sapere cosa è giusto e cosa sbagliato, se non sei sicuro lo chiedi ad uno con più esperienza.

 

La leadership: parliamo molto della “leaders lead”. Se qualcosa va storto, non si guarda mai ai nuovi ragazzi ma ai leader, che dovranno spiegare il perché delle cose andate male. Loro devono dare lo standard e l’esempio, e gli altri li seguiranno. Chi non li segue, si auto esclude.

 

Le aspettative: sono sempre alte ed è difficile farci i conti. E’ una sfida, ma se capisci che ne vale la pena la affronti nel modo corretto. E poi è stupendo il supporto che ricevi, essere un All Blacks è stupendo perché tutti amano questa squadra. Se un giovane non riesce a gestire le aspettative, allora correggiamo il suo approccio: non devi pensare solo al rugby, serve anche una sana distanza. Questa è una delle cose da imparare subito, o, dopo essere diventato un All Blacks, non ne sopravvivrai. Bisogna anche avere la capacità di rilassarsi e pensare che è un gioco: tutti abbiamo le nostre famiglie, la nostra vita a casa.

 

Imparare sempre: devi capire come il gioco cambia, come i giovani pari ruolo interpretano la posizione. Nell’alto livello non puoi mai fermarti o verrai sorpassato. Ne parliamo come squadra, ma ognuno di noi ne è singolarmente consapevole: se continui a fare le stesse cose, gli avversari ti capiranno. Non potrai più essere competitivo nell’alto livello. Immagino non sia facile per un allenatore dire a Richie McCaw cosa fare o cosa cambiare, ma questo succede.

 

Passato e futuro: guardiamo alla storia di questa squadra, ma ogni squadra All Blacks ha aggiunto qualcosa a questa eredità. Questo è importante: non sentirsi scoraggiati da ciò che c’è stato, ma legarsi ad esso e aggiungere una parte. C’è ancora altro da vincere, linee da tracciare, squadre contro le quali non vuoi perdere per la prima volta. Non è solo far parte della squadra, è dare qualcosa di tuo alla squadra. Nessuno ha mai vinto due World Cup di fila: ecco una cosa che neanche gli All Blacks hanno mai fatto. Ma non ne parliamo, tutti già lo sappiamo e questa cosa ci brucia dentro.

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