Palla ovale e società, una ricerca per inquadrare il “fenomeno rugby”

Gradimento, età, titolo di studio, geolocalizzazione: un’indagine offre diversi spunti di riflessione

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Il rugby è ancora a metà del guado tra sport di nicchia e grande attrazione. Sicuramente le sue regole complesse non lo aiutano ad assurgere a sport di massa benché il gioco sia indiscutibilmente emozionante. Come coinvolgente è la filosofia sulla quale si fonda e trascinante è tutto ciò che fa da corollario a quello che avviane in campo: il suo spirito sociale di grande condivisione e convivialità. Indubitabilmente da qualche tempo a questa parte è diventato uno sport di moda e ha cominciato ad affermarsi presso il pubblico nostrano (più tradizionalmente amante della palla rotonda), ma esistono dei dati statistici attendibili, al di là del numero di tesserati e praticanti, che inquadrino il “fenomeno rugby”?

 

La dottoressa Silvia Costantino, Responsabile Marketing e Comunicazione del Consorzio Ferritalia (che con il marchio Maurer rappresenta uno dei principali sponsor della Nazionale), ci ha gentilmente messo a disposizione un’interessante indagine commissionata a Coesis Research.

 

La ricerca è stata condotta tra il 25 e il 30 marzo scorsi (quindi subito dopo la conclusione del Sei Nazioni 2015) e, come ci riferisce il dottor Giorgio Pedrazzini ─ Vice Direttore dell’istituto di ricerche ─, le non brillantissime performance della nostra Nazionale potrebbero aver influenzato negativamente il risultato dell’indagine che, comunque e a maggior ragione, rispecchia un trend decisamente in attivo.
Il nostro sport ha un vissuto molto positivo e gli viene riconosciuto un grande patrimonio di valori. Si rileva, infatti, che il rugby ha un’immagine ottima e viene spontaneamente associato a concetti quali: gioco di squadra, impegno, coraggio, spirito di sacrificio, lealtà…
Il campione, significativo dal punto di vista socio-demografico, si compone di 1.000 intervistati che rispondono ai seguenti requisiti: uomini residenti in Italia con età compresa tra i 25 e i 65 anni (di cui il 49% appartiene al cluster 25-44 e il 51% a quello fra i 45 e i 65 anni). Sul campione misto (25-65 anni), al quesito: “In generale, quanto direbbe di essere interessato al rugby?”, il 44% degli intervistati ha risposto “abbastanza”, il 10% “molto”, mentre 33% “poco” e il 13% “per nulla”. L’indicatore standard (abbastanza + molto) ci restituisce un dato certamente positivo: il 54%. Scendiamo nel dettaglio, sul campione di 1.000 interviste, nel cluster 25-44 anni è il 59% a dichiararsi “molto o abbastanza” interessato, percentuale che scende al 49% su quello della generazione 45-65.
Per quanto riguarda la geolocalizzazione emergono alcune indicazioni che riservano qualche sorpresa: fra gli intervistati del Nord Ovest a dirsi “abbastanza + molto interessati” sono il 53%, percentuale che fa il paio con il Nord Est (sempre 53%), estremamente significativi i dati di Centro (59%) e Sud/Isole (52%).
Prendiamo ora in esame i parametri legati alla scolarizzazione e alla occupazione: Elem./Media inferiore, “abbastanza + molto interessati”: 41%; Media superiore: 54%; Università/Laurea: 60%; Occupati: 57%; Non occupati: 42%.

 

La ricerca offre più di uno spunto di riflessione e sarebbe davvero interessate poter confrontare queste preziose informazioni con i numeri e le percentuali del passato. In assenza di uno storico, possiamo in ogni caso affermare che lo scenario è decisamente positivo e che l’identikit di chi ha manifestato apprezzamento per la palla ovale nel nostro paese è tracciato.

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