Uomini che vanno, accademie e panorami italiani: parla Casellato

Lo spunto sono gli addii di Favaro e Campagnaro, ma la nostra intervista al tecnico del Benetton travalica presto quei confini

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Umberto, l’anno scorso quando hai preso in mano le redini del Benetton Treviso, per una serie di motivi dipendenti da te, hai perso mezza squadra inclusi una buona parte dei nazionali azzurri che sono migrati verso l’Europa. Nelle ultime 24 ore hanno annunciato il loro addio dalla prossima stagione anche Simone Favaro e Michele Campagnaro, due delle più importanti realtà  del rugby italiano. Quanto è frustrante la situazione come allenatore del Benetton?
Non piu di tanto. Treviso come altri club europei deve tener conto di giocatori che vanno via perché a fine contratto e programmarsi di conseguenza, Treviso ha “spalle grosse” per far fronte a queste partenze. È stato cosi in passato, lo è adesso, lo sarà in futuro. La forza di un club si vede in questi momenti.

 

Non c’era alcun modo di tenere almeno questi ultimi due giocatori in Italia?
Sono state fatte le offerte adeguate e forse di più, ma i giocatori hanno deciso di seguire altre strade. E’ la vita degli sportivi in generale, il tempo dirà se saranno state scelte corrette o no. Noi tutti gli auguriamo grandi fortune ad entrambi per la loro nuova avventura, sono sicuro che daranno alla nostra squadra in questi ultimi mesi grande impegno e determinazione per lasciare un grandissimo ricordo a tutti i nostri tifosi.

 

Quali sono le motivizioni che spingono un giovane ad emigrare? Contratti alti? Maggiore intensità di gioco e opportunità di crescere tecnicamente e tatticamente? O semplicemente una esasperazione e sfiducia verso il rugby nostrano che non ha successo a livello europeo?
Tutte le cose che hai detto sono corrette. I giocatori Italiani che vanno all’estero hanno un’attitudine penso diversa, devono prendersi il posto e tenerselo perchè il sistema degli altri produce continue alternative. Chiamiamola competitività interna che da noi per il momento non c’è .

 

L’avventura celtica era stata creata per poter richiamare i campioni in giro per l’europa e per dare una piattaforma di lancio professionale ai giovani talentuosi usciti dalla U20. Non si può negare che quest’avventura alla luce degli ultimi anni non sta funzionando. Cosa c’è di sbagliato?
Per capire cosa ci sia di giusto o sbagliato, penso si debbano valutare dei numeri, che alla fine non sbagliano quasi mai. Se sono stati fatti dei dossier dopo 4 anni di Celtic, è giusto guardarli e valutarli.

 

Quanto è nocivo per le due franchigie non avere le proprie squadre di emergenti o U20 o semplicemente non avere le proprie accademie?
Questo è un punto importantissimo. Il sistema “Permit Player” non funziona. Questi ragazzi arrivano in un contesto diverso dal loro, di un livello superiore e in 2 settimane dovrebbero adattarsi ed essere performanti?! Dubito! Sono solo, perdonatemi il temine un po’ brusco, dei “tappabuchi” e questo non è giusto nemmeno per loro. Quindi c’è bisogno di 10-12 under 25, chiamala la nostra accademia o squadra emergenti, e questi quando non impiegati devono giocare in Eccellenza. Ricordo che Treviso voleva avere anche una squadra cadetta che partecipasse al campionato nazionale, ma per varie ragioni poi il club ha dovuto desistere da tali propositi.

 

Sono mesi che le squadre di Pro12 stanno annunciando rinnovi di contratti e nuovi arrivi. Quanto è difficile per Treviso competere con le cifre offerte all’estero? Siamo fortemente penalizzati dalla difficoltà finanziaria?
Ora comprendo davvero le difficoltà della scorsa stagione, fare una squadra in un mese è stato un miracolo. Siamo partiti a gennaio quest’anno e non è facile ugualmente. I soldi sono pochi se paragonati con Inghilterra, Francia e anche Giappone, quindi non devi sbagliare niente. A volte, anche se proponi gli stessi ingaggi, preferiscono andare in campionati dove possono avere introiti più alti a livello di sponsor personali. Gli All Blacks da noi non vengono se non almeno al doppio di quello che offre la Francia. Quindi fai la somma del doppio di quello che da Racing a Dan Carter. Forse la Juventus riesce a prenderlo…

 

Il Racing Metro ha acquisito i servizi di una superstar come Dan Carter perché, a detta del giocatore, il club ha un piano di sviluppo, il nuovo stadio in costruzione, la visione per il Top14 e la Champions Cup e una cultura vincente. Bisogna essere realisti, le nostre squadre non hanno questa capacità di pragrammazione a lungo termine tale da attirare le grandi star. E senza le star di classe mondiale in posizioni chiave come appunto l’apertura non si vince. E’ ormai un circolo vizioso
Concordo con la tua opinione che al momento non siamo vincenti. Stiamo però lavorando con il club per tornare ad essere la squadra che può ambire ai primi 5 posti ed in quel momento, acquisteremo maggior appeal nei giocatori stranieri e nel potere per trattenere gli italiani.

 

Hai modo di interagire con i proprietari del Treviso, la famiglia Benetton. Secondo te, sono sempre fiduciosi e convinti di investire nel rugby o dubbi stanno affiorando?
Quasi mensilmente ci troviamo con la proprietà. Il Sig. Luciano Benetton è innamorato di questo sport e di questa squadra, a volte da imprenditore fatica a capire determinate dinamiche, ma è da molto nel rugby italiano, quindi intuisce certe cose.

 

Cosa ne pensi del progetto Dogi che piano piano sta facendo dei passi avanti? Ti vedresti un giorno alle redini di questa “vera” franchigia?
Quello dei Dogi è un progetto che va studiato bene e costruito magari con persone che hanno già vissuto simili situazioni, come per esempio manager di squadre australiane o neozelandesi, perchè il legame con il territorio deve essere totale. Essere l’allenatore sarebbe un onore, ho 3 caps con i Dogi e ne sono orgoglioso.

 

E delle Zebre che, secondo alcuni, dovrebbero spostarsi a Roma e raccogliere un bacino più ampio di giocatori provenienti anche dal Sud?
Anche a Roma non avrebbero un tessuto rugbystico trascinante. Sarebbe un’entità isolata e a mio avviso la grande città se da una parte può aiutare con i numeri di spettatori, dall’altro come dispersione di energie e interessse, sarebbe un grossissimo problema.

 

In italia si organizza un magnifico campionato di Beach Rugby eppure si fa davvero poco per creare le basi per sviluppare il rugby a sette, che non solo è disciplina Olimpica, ma che se insegnato e promosso a livello giovanile permette di sviluppare delle skills di base che sono fondamentali per le linee della trequarti. E’ davvero così difficile o semplicemente non è nell’agenda degli addetti ai lavori?
E’ da tempo che dico che dovrebbe essere organizzato un torneo a 7 con un grande premio in denaro per il vincitore del titolo italiano e in questo periodo di crisi sarebbe un grande traino per tante squadre. Ho parlato anche con Andy Wilk, allenatore della nazionale italiana a sette e nella prossima sosta per il sei nazioni vorremo fare due sedute specifiche di sette per aumentare il fitness e per aumentare le nostre skills di base. In pre-season sarebbe molto interessante uno spazio per questa disciplina. In inghilterrra, infatti, c’è il campionato vero e proprio con le stesse squadre della Premiership . A volte basta copiare le cose degli altri con molta semplicità.

 

Il week-end appena passato ha evidenziato il gap tra la nostra U20 e quella di categoria inglese perdendo per ben 61 a 0. In realtà la nostra giovanile sono anni che perde con punteggio largo proprio contro gli inglesi e ha vinto davvero poco in generle. Abituati come sono, ci si deve stupire se un giorno si acconteranno delle “sconfitte onorevoli”?
Quando inizieremo a vincere con costanza partite del Sei Nazioni Under 20, saremo pronti anche con la maggiore. Non ho mai visto situazioni diverse anche in altri sport come la Spagna del calcio, la magica squadra di pallavolo italiana dell’era Velasco e l’Irlanda di Brian O’Driscoll per fare un esempio rugbistico.

 

Ed infine, c’è, secondo te, una soluzione, un rimedio allo stato di difficoltà in cui si trova il rugby italiano?
Un rimedio? Non mi pagano per quello, ma per coordinare uno staff e cercare di vincere più partite possibile e impostare un ciclo. Ci sono persone che avranno esposto un piano di lavoro a chi di dovere in un determinato intervallo di tempo, scaduto il quale saranno giudicati e se avranno ottenuto quei risultati saranno riconfermati in caso contrario passeranno ad altri il “timone”. Questo deve essere, non ci sono alternative.

 

di Melita Martorana

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