La Georgia non è l’Italia e Tbilisi non è Roma. Perché meritiamo il Sei Nazioni

Impazza il dibattito sulla nostra partecipazione al torneo, dall’Inghilterra fino alla Romania. E non mancano numerosi pro…

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Iniziamo con il capitano, Sergio Parisse: “Se siamo così scarsi perché se sono venuti in 80mila a vederci? E siamo stati capaci di segnare tre mete a Twickenham, vuol dire che qualcosa valiamo”. Però il nostro giocatore più forte è di parte, andiamo quindi a vedere cosa dice Danny Cipriani, giocatore tanto “glamour” quanto bizzoso: “Trovo asurde le critiche all’Italia. Finita la partita ho subito fatto i complimenti ai miei compagni di club De Marchi e Mclean per la partita degli azzurri”.
Andiamo oltre, con il ct degli inglesi Stuart Lancaster: “Vorrei ricordare che noi abbiamo avuto un giorno in più di preparazione rispetto all’Italia, hanno giocato con grande orgoglio. Andate a chiedere a uno qualunque dei miei giocatori che sono nello spogliatoio come si sentono: l’Italia è una grande squadra molto fisica e noi abbiamo grande rispetto”.
Il tema, l’avrete capito tutti, è quello delle pesanti critiche piovute dalla stampa britannica in questo fin settimana in cui gli azzuri si sono presentati a Twickenham per la seconda giornata del Sei Nazioni (leggete qui quello che è stato scritto)
.
Poi ci sono quelli che criticano, ma che non mettono in dubbio la presenza italiana, come The Rugby Paper, che si chiede che fine ha fatto una promessa come Tommaso Benvenuti e poi dice: “L’Italia ha più volte dimostrato di starci bene nel torneo, ma i progressi sono stati pochi. Ci chiediamo, visti i risultati di Zebre, di Treviso e dei club in Europa, come vengano spese le cifre che arrivano dal Sei Nazioni”.

 

Mettiamo le cose in chiaro: esiste realmente una possibilità di esclusione dell’Italia dal torneo? No. O meglio, forse in linea teorica sì, ma a oggi le possibilità che questo avvenga sono le stesse che l’uomo possa iniziare domani a viaggiare nel tempo. Una cosa cioè che la scienza non esclude che possa anche succedere ma che non è attualmente possibile.
Il Sei Nazioni è infatti un torneo privato la cui proprietà – e la gestione – è delle stesse federazioni che lo compongono. L’Italia ha un bacino enorme di 60 milioni di abitanti ancora davvero poco sfruttato e che fa ovviamente molta gola a sponsor e tv. Dal punto di vista brutalmente sportivo non si finisce mai di ricordare che la Francia ci mise mezzo secolo a vincere il suo primo torneo dopo l’ingresso in quello che divenne il Cinque Nazioni. Tempi diversi, d’accordo, e in mezzo ci furono le due Guerre Mondiali, ma un periodo di adattamento è evidentemente necessario.
Questo ovviamente non cancella le critiche alla gestione federale dopo l’ingresso nel torneo. Probabilmente, tra i tanti errori, si è pensato che il movimento potesse crescere sull’onda di una spinta continua, quasi fosse mossa da un’inerzia infinita. Non è così.

 

I critici propongono una sorta di play-off tra Italia, Romania e Georgia per decidere la sesta partecipante al torneo. Anche qui le domande e i dubbi sono molti, a partire da un calendario che andrebbe a intasarsi in maniera inverosimile, per finire al lato economico, con i due paesi che sicuramnete non hanno lo stesso appeal che ha l’Italia. E sì, per alcuni sarà una battuta, ma provate voi a convincere 15mila inglesi che devono sorbirsi anche 6 o 7 ore di volo per andare a passare due o tre giorno a Bucarest o Tbilisi al posto di un week-end romano. Non ci riuscireste. Insomma, l’Italia oggi è un partner conveniente sotto tutti gli aspetti, e lo sarà verosimilmente di più anche domani. O almeno noi siamo pronti a scommetterlo.
E ci scommette pure il Telegraph, che ieri nel titolo di un articolo diceva che “escludere l’Italia sarebbe controproducente”. I motivi? Beh, innanzittutto estetici. Vuoi mettere un giro ogni due anni a Piazza Navona, scrive Mick Cleary. Ma anche sportivi: vuoi mettere privarsi del piacere di vedere Sergio Parisee, uno dei migliori numero otto al mondo dal vivo? Anche solo per questo motivo, scrive il giornalista, sarebbe un “sacrilegio” pensare ad un sistema di promozione/retrocessione nel torneo più antico del mondo. Per non parlare poi dei vari Giovannelli, Marcello e Massimo Cuttitta, Troncon, Dominguez e Vaccari.

 

Da registrare però anche la presa di posizione di Haralambie Dumitras. Chi era costui, direte voi… Trattasi del presidente della Federatiei Romane de Rugby, ovvero la federazione della Romania, che in una intervista rilasciata a metà della scorsa settimana alla radio del suo paese Sport Total FM prima ha detto che il rugby rumeno ha tutto il potenziale per vincere il “Sei Nazioni B” e che spera che il Sei Nazioni che conta un giorno possa allargarsi fino a 8 squadre, senza però specificare grado e modalità di coinvolgimento. Poi, subito dopo, ha sottolineato che “battere Francia e Irlanda è fuori dalla nostra portata, più realistico superare Canada e Italia” per poi dirsi preoccupato per la partita con la Spagna in programma a Cluji (è stata giocata sabato 14, la Romania ha vinto 29 a 8). Insomma, un po’ di confusione, perché se pensi di poter battere l’Italia la Spagna non dovrebbe metterti timore…

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