Qui sta la differenza tra i primi nel mondo e quelli che aspirano a diventarlo
Sono due dei problemi di lunga data del rugby italiano di alto livello, e anche nella partita persa della Zebre contro Cardiff si sono pienamente riscontrati, compromettendo la possibilità di vittoria del match. Due volte il XV federale è andato in vantaggio ma non è stato in grado di gestire i punti di margine, concedendo punti ai Blues subito dopo averne guadagnati; più volte i Blues hanno sbagliato ma le Zebre non ne hanno aprofittato, mentre quando erano i nostri a sbagliare i Blues punivano sempre l’errore andando a marcare, come in occasione delle prime due mete. Andrea Cavinato l’ha detto chiaro e tondo in conferenza stampa, sia sulla gestione del vantaggio (“E’ una fragilità mentale che credevamo di aver corretto ma evidentemente ci siamo sbagliato, e dobbiamo lavorare ancora su questa situazione), sia sulla capacità di punire gli errori avversari (“Non capiamo che a questo livello se facciamo un errore gli avversari ci puniscono, viceversa invece no”). Ma più che due problemi, queste due situazioni racchiudono tutta la differenza tra le nazionali top al mondo e tutte le altre.
Prendiamo un qualunque match degli All Blacks. Per vincere con loro devi giocare, difendere ed essere concentrato al 100% per ottanta minuti. Appena fiutano una mezza disattenzione o scorgono una falla nel tuo gioco, ti azzannano e tanti saluti. E quando le nostre due franchigie e la nostra Nazionale sbagliano, prontamente paghiamo dazio, a volte pure con gli interessi.
A certi livelli poi in partita è forse più difficile restare che andare in vantaggio, così come a livello di ranking è più difficile confermarsi primi nel tempo che arrivarci la prima volta. Serve concentrazione e soprattutto serve continuare a seguire il piano di gioco prestabilito, cose che alle Zebre domenica sono mancate, come riconosciuto da Cavinato. Da allenatore immaginiamo sia difficile migliorare questo aspetto, che dipende forse più dai giocatori in campo che dallo staff fuori. Certo è che per imparare a gestire i vantaggi del tabellino devi abituarti a trovarti in quella situazione. Cosa che ci auguriamo possa accadere con sempre più frequenza.
Di Roberto Avesani
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