Sei Nazioni 2014, the week after: diamo i voti alle regine d’Europa

Vediamo come escono le sei squadre dal torneo più antico del mondo. E chi è già sulla buona strada verso la RWC 2015…

ph. Gonzalo Fuentes/Action Images

Quindici partite molto belle, alcune delle quali spettacolari. Ma soprattutto quindici partite che ci hanno detto ognuna qualcosa. E questo Sei Nazioni ci ha detto molto, più degli ultimi due. Tra equilibri che cambiano, e nazionali che devono ritrovarsi il prima possibile, cerchiamo di dare un voto alle sei protagoniste regine d’Europa.

 

Irlanda: vittoria finale più che meritata. E un 22-20 a Parigi di cui ci ricorderemo a lungo. Per gli Irish questo Sei Nazioni era pieno di significati: l’ultima volta di O’Driscoll è coincisa con la prima di Schmidt nel torneo più antico. Le premesse erano più che buone, e se a novembre arrivi al minuto ’80 in vantaggio sugli All Blacks è difficile che due mesi più tardi tracolli. Comunque, tutto è andato per il meglio. Anzi, mancherebbe la meta di BOD nel match finale con la Francia, ma se poi vai a vedere quante ne ha inventate nel corso del torneo allora capisci che la sua parte come sempre l’ha fatta. Rispetto alle altre squadre forse Joe Schmidt aveva un bel vantaggio: sapeva già quali giocatori sarebbero andati in campo. Nel senso, lo zoccolo duro della squadra già c’era, e O’Driscoll a parte questo sarà il gruppo che dovrà fare bene alla Coppa del Mondo. E se l’intensità e la fisicità sul breakdown saranno quelli visti in questi weekend, il ruolo da protagonista è assicurato. VOTO 8,5

 

Inghilterra: ad inizio torneo i dubbi sul quindici della rosa erano parecchi. Gioco molto fisico ma troppo prevedibile e scontato. Beh, ci siamo in parte dovuti ricredere. Il merito di Lancaster è soprattutto quello di aver creduto in nomi nuovi. May e Nowell hanno disputato un grandissimo torneo, formando con Brown un triangolo allargato che ha aggiunto quel pizzico di estro e fantasia che forse latitavano. Anche in mezzo il campo le cose sono andate meglio del previsto, con Burrell che ha segnato mete e cercato in tutti i modi di non far rimpiangere Manu Tuilagi. Anche senza Flood la squadra è girata molto bene, merito di Farrell ma soprattutto di un Care in grande spolvero. E hanno trovato in Billy Vunipola il portatore perfetto per mettere la linea veloce sul piede avanzante. In tutto questo, la soddisfazione del triple Crown (e di conseguenza della Calcutta)Ai Mondiali saranno una gatta difficile da pelare per chiunque. VOTO 8

 

Galles: la festa è finita. Dopo due stagioni sul gradino più alto, i Dragoni non hanno centrato lo storico tris. Ma soprattutto hanno dimostrato di essere battibili e di poter andare in difficoltà se messi sotto pressione. La linea veloce è piena di cavalli di razza, ma contro difese sempre in avanzamento e sempre più anticipate come quelle viste nel torneo hanno potuto esplodere poco. Comunque qualche scusante dalla sua Gatland lo ha: la difficoltà di confermarsi per più anni quando giochi a questi livelli, un blocco Lions arrivato forse provato, e una situazione interna che ai giocatori non dà certo serenità. VOTO 7-

 

Francia: se pensiamo a dove sono arrivati e a come hanno giocato, qualcosa non quadra. I galletti hanno giocato bene, e per bene intendiamo da squadra che rischia di vincere il Mondiale, forse solo la partita con l’Irlanda, oltretutto persa ma contro i futuri vincitori. Saint-André è stato molto criticato, prima per le esclusioni eccellenti in mediana, poi per le scelte e i molti cambi fatti. Doussain, Plisson, Machenaud e Tale si sono alternati (i primi due hanno giocato più partite) in cabina di regia, e anche i terza linea si sono visti diversi nomi provati non per necessità ma per scelta tecnica. Il coach transalpino sta provando e riprovando per capire chi mandare in campo l’anno prossimo in Inghilterra. Intanto, si può godere un Bastareaud che se gioca come a Parigi può essere l’arma in più di questa Francia. Ma se dovessimo mettere oggi un pound, pochi scommetterebbero su una replica del Mondiale 2011. VOTO 6.5

 

Scozia: un torneo a due volti. L’inizio peggiore tra le sei, le critiche ad un coach che si farà da parte e ad una leadership mancante, poi il riscatto di Roma, la grande prestazione contro la Francia rovinata da un calcio di Machenaud allo scadere, e infine una brutta sconfitta a Cardiff influenzata dal rosso a Hogg. La squadra è spesso stata dipinta come una mina vagante, emotiva, capace di abbattersi ma anche di risollevarsi nelle condizioni peggiori. E se si guarda al secondo tempo di Cardiff, viene da pensare che si può uscire dal campo perdendo di cinquanta punti ma con la testa più alta di chi te li ha dati. Ma l’orgoglio e il sentirsi parte di uno spirito non sono cose che si inventano, né tantomeno discipline che ti insegna un mental coach. Sono cose che o hai o non hai. E se la tua gente gioca a rugby da quasi duecento anni, è più facile che tu che sei in campo le abbia… VOTO 5.5

 

Italia: bocciata? No, rimandata a settembre, anzi a giugno, con dei debiti da colmare. Un debito più mentale che fisico. Vero che mai come nelle ultime quattro partite abbiamo subito i nostri avversari anche dal punto di vista atletico, ma il tarlo sembrerebbe più nella testa che nei muscoli. Arriva il punto di rottura, la diga si rompe, e gli avversari tracimano. A giugno e novembre scorsi la difesa era finita sotto accusa. Ora come è andata? Abbiamo subito cinque mete da prima fase e concesso almeno tre soft tries (due con la Francia e la prima del Galles). Cosa salviamo di questo Sei Nazioni? Una linea di trequarti giovane e che potrà solo crescere e migliorarsi, delle piacevolissime sorprese come Furno e Geldenhuys, una coppia in seconda linea davvero niente male, e forse un ritrovato Tebaldi. Capitolo apertura: a questo livello non possiamo prescindere né da un calciatore né da un’apertura che placchi (chiedere a Sexton di Bastareaud). L’unica consolazione è che forse ora possiamo solo risalire. VOTO 5

Di Roberto Avesani @robyavesani

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