Quando il rugby diventa tech: potenzialità e limiti del GPS ovale

E’ una tecnologia sempre più diffusa, ma è usata al meglio? Antonio Raimondi lo ha chiesto a diversi esperti

C’è una piccola rivoluzione nascosta tra le regole sperimentali definite dall’International Rugby Board e che hanno avuto applicazione dallo scorso primo di settembre. Regola 4: Il Consiglio dell’IRB ha confermato che le attuali disposizioni che disciplinano l’utilizzo di apparecchiature GPS continueranno. In sostanza, seguendo un protocollo definito, i giocatori possono indossare rilevatori GPS durante la partita.
Il GPS sfrutta un sistema di satelliti in orbita per rilevare la posizione di un oggetto dotato di ricevitore. Inizialmente creato per scopi militari, poi reso utilizzabile anche per scopi civili, lo strumento fornisce orario e coordinate geografiche e il ricevitore misura il tempo impiegato dal segnale radio per percorrere la distanza satellite – ricevitore. Il ricevitore riceve il segnale da almeno quattro satelliti, li localizza e li usa per stabilire la propria posizione tramite un processo chiamato “trilaterazione”.

 

Nello sport l’utilizzo di questa tecnologia non è nuova, è stata introdotta da almeno una decina di anni, prima negli sport individuali, dove la rilevazione dei dati, l’elaborazione e poi l’applicazione dei risultati erano più semplici e immediate, poi la frontiera si è spostata nella complessità degli sport di squadra.
Esistono diversi tipi di apparecchi. In ambito rugbistico s’indossa dietro la schiena, è molto piccolo, e tramite la casacca aderente può essere collegato anche al cardiofrequenzimetro. Ad esempio il modello a 10HZ produce dieci dati al secondo, seicento al minuto e quarantottomila per ottanta minuti di partita. Quali dati registra il GPS? In genere i dati raccolti sono: velocità-accelerazione, decelerazione, impatti, potenza metabolica, numero di sprint, numero di accelerazioni (acc)-decelerazioni (dec), metri percorsi ad alta intensità al minuto, distanza relativa, indice aerobico, numero e tipo di corse sotto le soglie di velocità-accelerazione-decelerazione, distanza percorsa, durata registrazione.

 

Riccardo Di Maio, preparatore atletico delle Fiamme Oro, sostiene che il GPS porta il laboratorio in campo. L’osservazione scientifica può essere così fatta sul campo, su un modello reale, senza doverne ricostruire uno in laboratorio. La domanda che possiamo porci, senza entrare nel dettaglio di più complessi discorsi scientifici è: quale influenza avrà questa tecnologia sul gioco del rugby?
Alex Marco, il preparatore atletico della Nazionale Italiana, non si sbilancia: “E’ una valutazione che spetta ai tecnici, per me resta uno strumento per misurare uno dei parametri della performance del giocatore”. Prudenza giusta per chi lavora con questa tecnologia già da oltre un anno: “Abbiamo utilizzato il GPS per la prima volta – dice Alex Marco – il giovedì precedente la nostra vittoria sulla Francia nel Sei Nazioni 2011. Abbiamo iniziato in via sperimentale, per comprendere cosa il GPS avrebbe potuto darci. Solo in un secondo momento e con l’arrivo di Jacques Brunel, la tecnologia è stata integrata in un progetto, diventando uno strumento importante di lavoro”. La Nazionale lavora con dieci GPS utilizzati sia in allenamento sia in partita. “L’uso di questi dati – continua Marco – insieme con altri parametri, permette di valutare in modo più oggettivo l’allenamento settimanale e il lavoro fatto in partita, permettendoci di calibrare la preparazione sulle esigenze individuali ed essere così più efficacemente al servizio della squadra”.

 

Per il preparatore atletico dei Cavalieri Prato Tommaso Boldrini “il problema non è acquisire dati, perché oggi lo sanno fare tutti, ma il difficile è l’interpretazione, l’elaborazione, l’analisi, e soprattutto la messa in pratica sul campo”. Quando si tratta di nuove tecnologie, per evitare fraintendimenti e non sprecare risorse, bisognerebbe interrogarsi chiedendosi per chi si sta utilizzando questo livello di tecnologia. Per fare un paragone, andando nel personale, mia madre che ha più di ottant’anni e possiede un iPad che chiama Francesco lo utilizza forse al dieci per cento delle sue potenzialità.
Altro esempio, più rugbistico, in passato, quando era esplosa la “moda” dell’analisi video, a livelli più bassi si tendeva a produrre ricercate analisi e seguenti strategie, che non potevano essere messe in pratica dalla squadra, per mancanza di sufficienti qualità tecniche.
Uno dei contributi più importanti della tecnologia GPS, in questo momento, riguarda la possibilità di costruire un modello prestativo sempre più aderente alla realtà della partita: “Purtroppo – dice Boldrini – tutta la letteratura scientifica legata al rugby fa riferimento a un modello che non può essere adottato per il campionato italiano. Per restare nel nostro ambito, c’è una differenza grande, tra i dati che abbiamo raccolto durante le partite del Campionato d’Eccellenza e quelle di Coppa. Noi abbiamo iniziato in questa stagione, utilizzando sei apparecchi GPS, al fine di iniziare a monitorare le richieste ruolo per ruolo e crearci un modello prestativo per il campionato italiano”.

 

Fino a qualche anno fa non avevamo così dettagliata la prestazione dei giocatori. Quanti metri percorre un giocatore durante una partita? Un paio di stagioni fa il sudafricano Ross Tucker di Sport Science ha pubblicato uno studio sul Super 14: la distanza percorsa in media da un tre quarti oscilla tra i 7 e i 7,5 chilometri a partita, mentre gli avanti corrono in media tra i 5 e i 7 chilometri per match. La semplice valutazione quantitativa, ormai appare superata a favore della valutazione qualitativa. Lo stesso Tucker ci rivela come il 70% del match è passato fermo o camminando, il 25% a velocità di jogging e il 5% di corsa a velocità di sprint.

Oggi lo studio all’avanguardia, che sta, per molti, rivoluzionando il calcio ha introdotto il concetto di Potenza Metabolica è firmato dal professor Pietro Di Prampero e dal professor Roberto Colli.
Per comprendere il concetto ci aiuta ancora Riccardo Di Maio: “Cr x V = Er dove Er è la potenza metabolica (energia spesa per unità di tempo = mlO2\min) V è la velocità (m\min) Cr è il costo energetico della corsa (mlO2\m). Bisogna comprendere che il costo energetico della corsa aumenta nelle accelerazioni perché il soggetto deve spendere energia per aumentare la propria energia cinetica, mentre diminuisce nelle decelerazioni. Quindi a variare non è solo la velocità ma soprattutto il costo della corsa. Secondo quanto accelera il giocatore in relazione alla sua velocità del momento, la potenza metabolica aumenta (ovviamente se un giocatore sta correndo a 16km\h accelererà di meno di uno che parte da fermo, ma tenuto conto della velocità, basterà un’accelerazione minore per incrementare in maniera sostanziale la potenza metabolica). Questo studio nelle fasi attive del gioco si può estendere ovviamente anche nelle fasi di recupero (quelle sotto i 20W) per capire come sono distribuiti i recuperi di corsa durante la partita (anche le fasi di spostamento più lente)”.

 

Il modello può essere applicato anche al rugby, aggiungendo l’importante valutazione degli impatti e di tutte le fasi di lotta e conquista. Cristian Iriarte, preparatore atletico di Reggio Emilia, consulente di diversi atleti medagliati a Londra 2012 ritiene fondamentale l’utilizzo della tecnologia GPS, ma mette anche in guardia “perché se la utilizzi male, puoi rovinare l’atleta o una squadra. Dipende tutto dai criteri di analisi che si utilizzano”. Per questo motivo è auspicabile una stretta collaborazione tra preparatore atletico e tecnico e un ampliamento dello staff in grado di analizzare i dati. “La collaborazione – sostiene Iriarte – si può sviluppare in diverse aree. Si può creare un lavoro didattico legato allo sviluppo del gioco, con lo staff medico si può gestire in modo scientifico turnover e riabilitazione dopo infortunio. Inoltre allineando i dati del GPS all’analisi video, si può valutare anche l’efficacia dell’impegno del giocatore. Non è detto che chi corre di più lo faccia in modo anche efficace”. A parte Richie McCaw i cui numeri restano da Superman, visto che è riportato che nel Tri Nations è stato capace di sprintare per un totale di 700 metri, correndo sopra la soglia dei 27 km orari, in sostanza il doppio di qualunque altro giocatore.

 

Sicuramente i criteri di analisi faranno la differenza e a livelli di utilizzo vicino al 100 per cento del potenziale, la tecnologia GPS sarà un altro aiuto per gli allenatori che potranno avere dei parametri oggettivi, per fare scelte migliori.
Il rischio è di lasciarsi andare e considerare tutto esclusivamente secondo parametri fisici, cadendo in quell’errore (orrore) di valutare come prioritario l’aspetto fisico nella selezione dei giovani. La valutazione qualitativa del lavoro fatto in campo, è strettamente legato all’area tecnica del giocatore, e si evidenzia ancora di più quando si analizzano i dati GPS con quelli dell’analisi video, verificando la reale efficacia di tutti gli episodi registrati. E’ possibile individuare dei deficit di comprensione da parte del giocatore: corro, ma non so dove correre. In questo la tecnologia può essere da supporto al miglioramento tecnico, così come i test fisici potrebbero dirci molto di più della qualità del giocatore, se effettuati riproducendo situazioni di gioco.

 

C’è poi un’altra valutazione da fare che riguarda l’aspetto psicologico dell’utilizzo di una tecnologia che potrebbe essere molto invasiva, perché, di fatto, non permette all’atleta di nascondersi e offre il controllo totale su ogni secondo dell’allenamento. L’aspetto mentale è fondamentale nella prestazione e questo controllo come potrebbe influire? Chi deve gestire il rapporto con il giocatore, come deve porsi ad esempio nei confronti di un giocatore pigro? Non è una questione secondaria.
Per finire, parlando con i vari preparatori atletici che in Italia stanno sperimentando il GPS e che hanno contribuito alla costruzione di questo GIU’ IL GETTONE, l’aspetto più bello è l’enorme passione che tutti hanno per il loro lavoro e per il rugby. C’è voglia di contribuire alla crescita di questo sport e la strada deve essere quella della collaborazione e della condivisione delle esperienze.

 

di Antonio Raimondi

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