Il Triveneto e il gran rifiuto del Benetton: dentro il caos Italia

Due vicende che sembrano strettamente collegate tra loro. O forse no. E la confusione sembra regnare sovrana

Giornate complesse per il movimento italiano. Ci si aspettava che dopo le elezioni e le “scosse di assestamento” post-elettorali ci si avviasse verso una situazione se non tranquilla quantomeno un po’più serena. Quanto avvenuto nelle ultime ci dice che però – purtroppo – non è così. E non tutti i segnali sono facilmente comprensibili.
Lunedì l’incontro a Treviso tra Luciano Benetton, Amerino Zatta e Alfredo Gavazzi. Un vertice sereno e produttivo, come si dice in questi casi. Alcuni problemi vengono messi sul tavolo, altri lasciati da parte, ma tutti decidono di rivedersi al più presto. Poche le dichiarazioni dei diretti interessati: Gavazzi a solorugby.org dice che Treviso “ha le nostre stesse idee circa la terza franchigia”. Amerino Zatta a onrugby.it si trincera dietro a una frase più diplomatica e distaccata: “ci ha detto che l’intenzione sarebbe di metterla in piedi nel centro-sud (la terza franchigia, ndr). Ne abbiamo preso atto, non abbiamo dato nessun via libera anche perché non sta alla Benetton Treviso dire di sì o no”. Parole che segnano una visione non proprio comune tra le due parti, ma che non creano in quel momento grossi problemi.
Poi scoppia il caso Triveneto, con la decisione della FIR, ratificata dal Consiglio Federale  di Bologna, di separare il Friuli Venezia Giulia dal CIV, creando un nuovo comitato. Della cosa in sé finora se ne è parlato poco (vantaggi, svantaggi, perché farlo, perché no), ma le società interessate sembrano essere contrarie in maniera compatta alla cosa. La FIR ha poi iniziato a prendere in considerazione l’ipotesi di “togliere” al Veneto anche la Val d’Adige per accorparla al Trentino e di creare una struttura a sé anche per la Valtellina. Tempi e modi creano però non poca maretta e in tanti hanno l’impressione che sia una mossa fatta anche per indebolire l’alleanza veneta messa in piedi attorno a Treviso, principale oppositore politico di Gavazzi.

 

A stretto giro arriva il “no” di Amerino Zatta alla proposta del presidente federale di diventare rappresentante italiano presso il board del Pro12. Una decisione, quella del presidente del club veneto, che sembra una sorta di risposta alla vicenda del CIV. Alla Gazzetta dello Sport Zatta ha detto che «in questo momento è giusto che Gavazzi “peschi” dalla propria squadra. Prima di accettare tale offerta, dovremo chiarire molte situazioni». Non è semplice dire se tutte queste cose siano o meno collegate tra loro. O meglio potrebbero tranquillamente esserlo perché di primo acchito sembrerebbe esserci una sorta di reazione causa-effetto, ma potrebbero anche correre su binari magari vicini ma comunque separati.

 

La scelta di Zatta di non far parte del board celtico sembra raffreddare ulteriormente il clima. Non sono pochi quelli che ritengono un errore questo “no”, e ragioni non ne mancano a sostegno di questa tesi. Vero è che a Treviso potrebbero aver letto l’offerta di Gavazzi come una sorta di “ricompensa” per la vicenda del CIV ed essere perciò spinta a rifiutarla. Allo stesso tempo se da un lato si può applaudire il gesto cortese del presidente FIR nei confronti del suo avversario numero uno alle scorse elezioni, dall’altro si potrebbe dire che vedere in quel ruolo proprio Zatta sarebbe stato ben strano, un po’ come vedere Silvio Berlusconi nominato ministro egli esteri per un governo Prodi. Cose che generalmente non succedono.
E se fosse stata fatta quella proposta proprio per sentirsi dire di no e magari rigiocarselo su altri tavoli? O ancora: se questa volta alla Ghirada avessero sbagliato la scelta e fatto male a rifiutare  la mano tesa di Gavazzi?
La situazione che si è venuta a creare può essere letta in parecchie maniere molto diverse tra loro, tutte più o meno plausibili. Come dire che la confusione regna davvero sovrana. Come scrive Shakespeare nell‘Amleto? “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”. Ecco, nell’Ovalia italiana sembrano essercene un po’ troppe.

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